Le tematiche ambientali sono oggi più che mai al centro dell’attenzione. Chiunque, a tutti i livelli sociali, mostra interesse per questo tipo di problemi, manifestando l’esigenza di tutelare l’ambiente per difenderlo dal processo di deterioramento che progredisce gradualmente nei secoli e che ha avuto una forte accelerazione negli ultimi decenni.
L’opinione pubblica è notevolmente sensibilizzata ai problemi di impatto ambientale. Ciò è dovuto al progressivo diffondersi della consapevolezza che il problema può assumere aspetti gravi, tali da coinvolgere tutti, nessuno escluso. Il binomio energia-ambiente è in stretta relazione con tutte le attività economiche, scientifiche e politiche, per questo le autorità competenti stanno affrontando nel modo più organico possibile il problema.
L’ATMOSFERA
- troposfera è lo strato più vicino alla superficie terrestre che ha uno spessore variabile tra 8 e 18 chilometri nel quale la temperatura diminuisce progressivamente da circa 20 gradi centigradi fino a circa -60 gradi centigradi mano a mano che ci si allontana dalla superficie terrestre; in questo strato sono concentrati circa il 90 % dei gas dell’atmosfera che sono essenzialmente: azoto (78% circa), ossigeno (21 % circa), argo (0,9 % circa), vapore acqueo (0,33 %), anidride carbonica (0,035%), polveri varie ed altre particelle, altri elementi (metano, idrogeno, Xeno, ozono, ecc.);
- stratosfera, è lo strato successivo che si estende fino a circa 50 chilometri dalla superficie terrestre, nel quale la temperatura aumenta progressivamente fino a circa 0 gradi centigradi mano a mano che ci si allontana dal pianeta; a circa 30 chilometri dalla superficie terrestre si trova uno strato dove si raggiunge la massima concentrazione di ozono (detto ozonosfera);
- mesosfera, è lo strato successivo che si estende fino a circa 80 chilometri, nel quale la temperatura diminuisce progressivamente fino a circa -80 gradi centigradi mano a mano che ci si allontana dalla superficie terrestre
- termosfera, è lo strato successivo che si estende fino a circa 160 chilometri, nel quale la temperatura aumenta progressivamente a causa dell’assorbimento delle radiazioni solari ad onde corte.
- esosfera è uno strato più esterno di gas rarefatti che, mano a mano che ci si allontana dalla superficie terrestre, si disperdono nello spazio in quanto diminuisce la forza di attrazione gravitazionale che la terra esercita sulle molecole del gas.
L’atmosfera svolge un ruolo fondamentale regolando la temperatura del globo e di filtro nei confronti delle radiazioni solari. Il riscaldamento del pianeta garantisce un adeguato livello della temperatura media della superficie terrestre che rende possibili le forme di vita che conosciamo. Il riscaldamento è dovuto grazie alla capacità dell’atmosfera di intrappolare le radiazioni del sole: senza atmosfera il nostro pianeta sarebbe un arido deserto freddo!
Il riscaldamento terrestre avviene secondo un complesso meccanismo che si può sinteticamente riassumere nel seguente modo:
- l’energia proviene dal sole sotto forma di radiazioni a onde corte che penetrano facilmente l’atmosfera terrestre e colpiscono tutta la superficie;
- la superficie terrestre assorbe circa il 45% delle radiazioni solari e si riscalda: l’assorbimento non è uguale su tutta la superficie. Le zone scure (oceani) assorbono molta più energia delle zone chiare (ghiacciai). Lo scioglimento dei ghiacciai provocherà quindi non solo l’aumento del livello dei mari ma anche una minore riflessione delle radiazioni.
- la superficie terrestre respinge circa il 55% delle radiazioni solari ed emette l’energia sotto forma di radiazioni infrarosse (onde lunghe) restituendola in parte allo spazio e riassorbendola per la restante parte (effetto serra). Di tutte le radiazioni emesse dalla superficie terrestre: il 35% circa vengono assorbite dai gas serra e dal vapore acqueo e vengono irraggiate verso lo spazio mentre il 65 % circa vengono respinte dai gas serra e rientrano verso la terra provocando un innalzamento della temperatura della troposfera e della superficie terrestre (effetto serra).
- Studi condotti ormai da anni hanno dimostrato che i valori medi della temperatura della superficie terrestre e della troposfera tendono ad innalzarsi: questo fenomeno è noto come riscaldamento climatico; le principali cause sono state attribuite a:
- aumento della concentrazione dei gas serra (effetto serra),
- rarefazione della fascia di ozono (buco dell’ozono). La rarefazione dello strato di ozono è stata considerata pericolosa anche per la salute umana in quanto l’ozono presente nell’atmosfera filtra quasi tutte le radiazioni ultraviolette del sole proteggendo gli essere viventi e le piante.
- Per tale ragione, a livello internazionale, sono state delineate importanti linee guida per l’attuazione delle politiche e delle misure nazionali di riduzione di emissioni di gas serra nell’atmosfera, e divieto di uso di sostanze ritenute dannose per la formazione dell’ozono troposferico e/o lesive dell’ozono.
EFFETTO SERRA E BUCO DELL’OZONO
Il cosiddetto effetto serra è il fenomeno grazie al quale l’energia emessa dalla superficie terrestre sotto forma di radiazioni infrarosse viene parzialmente trattenuta nella troposfera anziché essere totalmente restituita alla spazio. Questo fenomeno è dovuto in gran parte ad uno strato di gas serra composto da:
- anidride carbonica
- metano
- vapore acqueo
- altri gas
Questi assorbono ed emettono le radiazioni infrarosse provenienti dalla superficie terrestre rimbalzandole in parte nuovamente verso la superficie terrestre (effetto serra). Grazie a questo fenomeno naturale, la temperatura media della superficie terrestre è di circa 15 gradi centigradi ed è possibile la vita. In assenza del fenomeno, la temperatura media della superficie terrestre sarebbe di circa -18 gradi molto al di sotto della temperatura di congelamento dell’acqua: in queste condizioni, difficilmente sarebbero possibili le forme di vita che conosciamo.
L’innalzamento eccessivo della concentrazione dei gas serra aumenta l'”effetto serra naturale” provocando un innalzamento anomalo dei valori medi della temperatura della superficie terrestre e della troposfera con serie conseguenze per il pianeta (desertificazione, scioglimento dei ghiacciai, aumento del livelli del mare, ecc.).
L’aumento della concentrazione dei gas serra è dovuto principalmente:
- CAUSE NATURALI: eruzioni vulcaniche, evaporazione dei mari ed oceani ecc
- CAUSE UMANE: sfrenato consumo di combustibile fossile (petrolio e carbone) il 20% circa dell’anidride carbonica è dovuto al settore trasporti e, precisamente ai veicoli; abbattimento di alberi che ormai sta divorando intere foreste: l’anidride carbonica viene assorbita dalle piante mediante il processo di fotosintesi.
L’ozono invece è un gas composto da molecole costituite da tre atomi di ossigeno (O3) che si forma grazie all’azione dei raggi ultravioletti del sole. La massima concentrazione di ozono si ha all’interno della stratosfera (ozonosfera).
L’ozono ha un ruolo di fondamentale importanza per la terra in quanto filtra le pericolose radiazioni ultraviolette del sole che: sono nocive per la pelle dell’uomo, per la fotosintesi delle piante, ecc.; ed aumentano la temperatura della stratosfera.
Le molecole di ozono (O3) assorbono raggi ultravioletti scindendosi in una molecola di ossigeno (O2) e una molecola di ossigeno monoatomico (O) che, a sua volta, reagisce con una molecola di ossigeno per formare ancora ozono. Pertanto, la quantità di ozono, grazie a questo equilibrio dinamico, si mantiene costante.
Gli studi condotti fin dagli anni Settanta hanno evidenziato una progressiva rarefazione della fascia di ozono. In particolare, l’assottigliamento è risultato molto evidente in corrispondenza delle regioni polari del pianeta dove si è formato un vero e proprio buco dell’ozono. In queste regioni, il minore irraggiamento solare contrasta il meccanismo di formazione dell’ozono e ne facilita il degrado. Secondo gli studiosi, tale fenomeno si manifesta ciclicamente nella stagione primaverile ed assume dimensioni sempre maggiori (si stima che tra il 1980 e il 2000 il buco dell’ozono è aumentato di circa 30 milioni di chilometri quadrati).
Gli studi condotti a livello mondiale hanno evidenziato che alcuni gas, con particolare riferimento ai CFC (clorofluorocarburi) e cioè i gas utilizzati nelle bombolette spray e come refrigeranti nei condizionatori e nei frigoriferi, provocano l’assottigliamento dello strato di ozono impedendone la formazione. Per tale ragione, fin dagli anni Ottanta sono state prese numerose iniziative a livello internazionale tese bandire o a limitare l’uso di sostanze ritenute dannose per la formazione dell’ozono troposferico e/o lesive dell’ozono; tra le varie iniziative si ricordano:
- il divieto di utilizzare gli idroclorofluorocarburi per aerosol e schiume flessibili,
- l’obbligo di utilizzare specifici impianti per il recupero delle sostanze lesive da apparecchiature fuori uso
- il divieto di utilizzo per gli impianti di condizionamento d’aria di gas fluorurati ad effetto serra con un potenziale di riscaldamento globale superiore a 150,
- l’obbligo di ridurre l’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche,
- nonché l’obbligo di un adeguato smaltimento di determinati rifiuti,
- l’obbligo di rispettare specifici limiti delle emissioni di composti organici volatili nell’uso di solventi in talune pitture e vernici, nonché in prodotti per la carrozzeria, il divieto di utilizzare alcune sostanze per la costruzione dei pannelli delle carrozzerie isotermiche e coibentate di furgoni isotermici e di gruppi frigoriferi per il trasporto di derrate deperibili in regime di temperatura controllata.
La progressiva rarefazione della fascia di ozono è sotto osservazione. Tuttavia, secondo alcuni recenti studi sui dati raccolti tra il 1980 e il 2005, l’assottigliamento dello strato di ozono è in controtendenza e sta lentamente tornando ai livelli originari per intensità e dimensioni anche se attualmente non si dispone di dati sufficienti per significative proiezioni per il futuro.
INQUINAMENTO DELL’AUTOTRAZIONE
La trasformazione di carburante in energia termica ed energia meccanica causa:
- perdite energetiche,
- emissioni inquinanti
Da una sommaria analisi delle perdite energetiche emerge che:
- il 30% circa dell’energia prodotta dalla combustione viene raccolto sotto forma di energia meccanica
- il 25% viene dissipato con i gas di scarico,
- il 10% viene utilizzato per il funzionamento degli organi ausiliari
- il 10% viene dissipato sotto forma di attriti vari
- il 25% viene ceduto alle pareti sotto forma di calore
Il settore dell’autotrazione contribuisce alle emissioni inquinanti essenzialmente con gli autoveicoli (autovetture, autocarri, autobus, ecc.), motoveicoli e ciclomotori. Anche aerei, navi, treni concorrono all’emissione in atmosfera di gas nocivi. I gas emessi allo scarico dei veicoli muniti di motori endotermici sono essenzialmente:
SOSTANZE NON INQUINANTI
- acqua
- azoto
- anidride carbonica (CO2) produce effetti assai negativi per il sistema ecologico terrestre: si pensi al cosiddetto “effetto serra” ma non costituisce un gas pericoloso per la salute umana.
SOSTANZE INQUINANTI
- idrocarburi incombusti (HC), cioè parte di combustibile non bruciato
- ossidi di azoto (NOx): l’ossido di azoto si forma per la combustione dell’aria che è costituita dal 78% di azoto. Questo elemento negli alti strati dell’atmosfera per effetto delle radiazioni ultravioletti si combina con l’acqua formando acido nitrico (pioggia acida)
- monossido di carbonio (CO): è altamente tossico, anche in piccole quantità (0,3%), per uomini e animali, in quanto altera immediatamente le proprietà dell’emoglobina del sangue. Ben il 90% del monossido di carbonio prodotto dalle attività umane è da imputare ai veicoli.
- anidride solforosa (motori diesel): questo elemento si trova come prodotto della lavorazione del gasolio e negli alti strati dell’atmosfera per effetto delle radiazioni ultraviolette si combina con l’acqua formanda acido solforico (pioggia acida)
- polveri L’inquinamento atmosferico da polveri (particelle di dimensioni molto ridotte che rimangono in sospensione nell’atmosfera a lungo tempo) è considerato di particolare rilievo. È attribuito al settore dei trasporti circa il 30% delle polveri. Il particolato o PM (materia particellare) è composto per il 94% da particelle solide di carbonio, di cui il 2% contiene sostanze cancerogene. Il fumo nero è composto da granuli di carbonio incombusti visibili a occhio nudo, contenenti anche olio lubrificante; la parte non visibile è quella che rimane in sospensione nell’atmosfera per lungo tempo. Le “polveri”, classificate per granulometria (per esempio: PM10, PM1 indicano rispettivamente particelle del diametro di 10 e di 1 micron) sono causa di diversi e anche gravi disturbi; le PM10 possono raggiungere facilmente gli alveoli polmonari.
Attualmente, il contenimento dell’inquinamento atmosferico dovuto ai veicoli a motore è affidato a:
- catalizzatori
- sistemi diagnostici di bordo
- filtri antiparticolato per motori Diesel
- indicatore di cambio di marcia
- miglioramento dei pneumatici ed indicatori di pressione
- miglioramento dell’efficienza degli impianti di condizionamento dell’aria
- studio della forma della carrozzeria per migliorare l’aerodinamica
- altri come, ad esempio, il miglioramento tecnologico del motore mirato ad aumentare le prestazioni ed ad ottimizzare i consumi.
Non meno importante poi è il coinvolgimento diretto dei conducenti i quali, con una guida attenta e corretta rispettando pochi ed utiissimi consigli, possono con il loro stile di guida ridurre sensibilmente i consumi e quindi l’inquinamento.
Catalizzatori
Il catalizzatore è uno strumento che spinge i gas di scarico ad una ulteriore combustione al fine di produrre più anidride carbonica (CO2) e acqua (H2O) al posto delle altre sostanze nocive (CO, NOX HC).
La prima conseguenza dell’ utilizzo di convertitori catalitici è stata quella di imporre l’ alimentazione al motore di carburanti senza piombo, poichè il piombo rappresenta un veleno per i suddetti catalizzatori. In parole povere la presenza di piombo nei gas di scarico comporterebbe la graduale ed irreversibile “ricopertura” dei siti attivi del catalizzatore che risulterebbero quindi indisponibili per la reazione desiderata.
Inoltre, poichè un catalizzatore non è in grado di funzionare a temperatura ambiente, le marmitte sono state modificate in modo da raggiungere nel più breve tempo possibile dall’ accensione una temperatura di almeno 300-350 gradi centigradi.
Questo spiega anche il motivo per cui il catalizzatore risulta praticamente inefficace nel limitare le emissioni di veicoli che compiono giornalmente numerosi brevissimi tragitti (es. casa-negozio) intervallati da soste.
In queste condizioni la marmitta non raggiungerà mai la temperatura di lavoro e le emissioni allo scarico risulteranno enormemente inquinanti.
Personalmente ritengo quasi miracoloso che un sistema catalitico possa funzionare per lungo tempo in condizioni tanto difficili come quelle imposte dall’ utilizzo quotidiano di una autovettura. I catalizzatori che lavorano negli impianti chimici sono mantenuti in condizioni di temperatura costantemente controllata, con flussi di reagente di purezza nota e con periodiche rigenerazioni. In una marmitta invece il catalizzatore deve subire migliaia di riscaldamenti-raffreddamenti che possono pregiudicarne la stabilità meccanica e possono condurre ad una aggregazione dei metalli nobili inizialmente dispersi sulla matrice inerte.
Tale aggregazione (sinterizzazione) porta a diminuzioni sensibili della superficie del metallo a contatto con il gas e conduce quindi a minori attività nella conversione degli inquinanti. Inoltre la presenza di veleni (es. piombo, fosforo, ed anche in parte lo zolfo), pur se in piccolissime percentuali comporta, nel tempo, un progressivo ed irreversibile ricoprimento dei siti attivi del catalizzatore. Un solo “pieno” fatto con benzina super col piombo in un’ auto con marmitta catalitica può totalmente ed irreversibilmente disattivare il catalizzatore. Alla luce di tutte queste difficoltà diventa ben difficile azzardare una ipotesi sulla durata dell’ efficienza di un sistema catalitico. Essa dipende moltissimo anche dalle condizioni di esercizio della vettura, dato che un catalizzatore risulta molto meno sollecitato in vetture che vengono prevalentemente utilizzate per lunghi viaggi rispetto a quelle utilizzate giornalmente per decine di piccoli spostamenti. Una percorrenza di 60-70000 Km può in ogni caso essere indicata come limite massimo.
Sistemi diagnostici di bordo
La diagnostica a bordo, dall’inglese on-board diagnostics, OBD o OBD-II, in un contesto automobilistico, motociclistico o motoristico in generale, è un termine generico che si riferisce alla capacità di autodiagnosi e segnalazione di errori/guasti di un veicolo.
Si tratta di componenti elettroniche collegate al motore ed ai suoi vari sensori in grado di interpretare eventuali anomalie e di segnalarle tramite spie. L’analisi del guasto poi verrà fatta con apposite attrezzature.
I codici diagnostici unificati possono essere accessibili mediante un attrezzo analizzatore universale che ne permette la visualizzazione su tutti i modelli di veicoli; ciascun codice diagnostico identifica un particolare tipo di guasto indipendentemente dal Costruttore e dal modello di veicolo.
Gli pneumatici e gli indicatori di pressione
Lo sapevate che un pneumatico rotolando libera dagli 80 ai 150 gr di CO 2 per chilometro di corsa? e impressionante: moltiplicate questo dato per le quattro ruote della vostra vettura e per i chilometri che percorrete in un anno e poi moltiplicate questo dato per tutte le vetture che circolano nel mondo!
Dal 2006 il limite di emissione per le auto è pari a 160g CO2/km. Entro il 2015 passerà a 130g CO2/km e a 95g CO2/km entro il 2020. Secondo l’UE, infatti le auto rappresentano un quinto delle emissioni di CO2 in tutta Europa, e tra il 1990 e il 2008 le emissioni dovute al trasporto in strada sono cresciute del 28%. L’obiettivo per il 2020 di 95Kg CO2/Km verrà raggiunto quindi gradualmente abbassando i limiti di emissioni CO2 anno dopo anno.
Per i produttori di auto sarà importante essere informati dei limiti accettati dopo il 2020 per poter sviluppare le adeguate tecnologie. Entro il 2050 le emissioni dei trasporti su strada dovrebbero essere dimezzati.
Il 78% degli automobilisti (fonte quattroruote) circola con pneumatici sgonfi (nel 2011 la percentuale era del 63%). Il 25% degli automobilisti viaggia con gomme consumate al di sotto del limite legale (contro il 20% del 2011).
Ciò comporta milioni di litri di carburante sprecati e un aumento di emissione di CO2 pari a 9,2 milioni di tonnellate ogni anno. Basterebbe un piccolo gesto dunque per dare un notevole contributo all’ambiente. La pigrizia degli automobilisti a controllare la pressione delle gomme ha indotto molte case automobilistiche di dotere i propri veicoli di sistemi di monitoraggio elettronico della pressione.
Indicatori cambio marce
L’indicatore di marcia innestata del cambio indica al conducente quando è il momento ideale per cambiare marcia. Ciò aiuta a ottenere uno stile di guida costantemente efficiente e a ridurre il consumo di carburante in ogni situazione. Per uno stile di guida volto a risparmiare carburante: l’indicatore di comando del cambio installato su molti modelli assicura di utilizzare sempre il motore al regime ottimale (regime di coppia massima).
Un segnale del sistema di informazioni per il conducente mostra quando è consigliabile cambiare marcia. L’uso della marcia più adatta alle varie condizioni ha dimostrato di poter ridurre i consumi. Il conducente può così beneficiare di un livello avanzato di tecnologia della guida e di un’efficienza visibile.
Filtri antiparticolato
Il sistema FAP aggrega il particolato dei gas di scarico in agglomerati di particelle senza un legame chimico miscelando al gasolio una sostanza chimica detta “cerina” (ossido di cerio) che possiede questa caratteristica. Tali agglomerati essendo più grossi del particolato originario, diventano “imprigionabili” dal filtro e non si disperdono in atmosfera. Il processo è controllato in modo automatico dal sistema FAP.
Fisicamente la cerina è collocata in uno speciale serbatoio di 5 litri, presente fin dall’uscita dalla fabbrica. Ogni modello ha una sua autonomia di cerina compresa generalmente fra i 70.000 e gli 80.000 chilometri, oltre la quale si deve riempire nuovamente il serbatoio durante le normali operazioni di manutenzione in officina. Negli ultimi anni il sistema FAP ha beneficiato di investimenti migliorativi nella scelta dell’additivo e del supporto filtrante che hanno consentito un ulteriore guadagno in termini di autonomia.